PRODUZIONE ANNUALE MEDIA
2500 bottiglie

cese
Denominazione: Falanghina del Sannio DOC
Certificazione: Biologica codice ente IT 009
Zona: Casalduni
Uve: Falanghina 100%
Anno d’impianto Vigneto: 2012 – 2018
Terreno: argilloso – calcareo vulcanico
Altitudine: 560 mt. s.l.m. media vigneti
Esposizione: sud-ovest / est
Allevamento e densità: Guyot 3500 ceppi/ha
Produzione: 70 ql./ha
Epoca di raccolta: fine settembre inizio ottobre
Raccolta: manuale in cassette
Vinificazione: pigia-diraspatura, crio-macerazione per 12h e pressatura soffice. Fermentazione con lieviti indigeni in acciaio a temperatura controllata.
Affinamento: in acciaio 12 mesi e in bottiglia 12 mesi.

pratiche agronomiche
inerbimento spontaneo e sovescio invernale, concimazione naturale con letame bovino e equino ad anni alternati. Per la gestione dell’erba sotto fila viene effettuata una lavorazione meccanica del terreno. Utilizzo di prodotti rameici e zolfo, autorizzati in agricoltura biologica, per la difesa contro peronospora e oidio, mentre per la tignola della vite viene eseguito il disorientamento sessuale evitando l’utilizzo di insetticidi che, anche se naturali, andrebbero a danneggiare altri insetti utili.
CENNI STORICI
La Falanghina è sicuramente uno dei vitigni a bacca bianca simbolo del Beneventano. Incerte sono sia le sue origini sia la sua etimologia, poichè non esistono fonti storiche acclarate. Le prime notizie certe si trovano nei trattati di agricoltura dell’Ottocento. Si pensa che il vitigno sia di origine greco-balcanica e sia stato introdotto in Campania dagli Aminei, popolo di origine pelasgica venuto dalla Tessaglia. Molti studiosi danno per certo che fosse coltivata al tempo dei romani, tanto da ipotizzare che il vino Falanghina discenda dall’antico Falernum Gauranum, o Falerno bianco del Gàuro, conosciuto come “vino degli imperatori”, descritto entusiasticamente da Plinio il Vecchio, Orazio, Virgilio e Cicerone. Diverse le ipotesi etimologiche: tradizionalmente veniva legata a pali di sostegno, in greco falangos, da cui Falanghina per intendere “vite sorretta da pali”; altri ritengono che l’acino assomigli alla “falangetta” del dito, per cui il riferimento è al termine greco-latino “falange”. L’ultima ipotesi è per successive modifiche del termine “Falerina”, facendo riferimento appunto all’antico vino Falerno. Quasi abbandonata durante i secoli, successivamente è stata riscoperta perchè rimasta quasi indenne agli attacchi della fillossera, dato che era coltivata su terreni vulcanici. Negli ultimi 2 decenni ha avuto un successo via via crescente, soprattutto da quando molti produttori hanno intrapreso la strada della vinificazione in purezza. Oggi se ne distinguono essenzialmente 2 cloni, uno beneventano ed uno flegreo. Le caratteristiche sono quelle di un vino di colore giallo paglierino con riflessi dal verdognolo al dorato, note fruttate di banana, mela, ananas e pesca, note floreali, agrumi, miele ed erbacee. Di sapore asciutto, fresco e delicato ma con una punta di acidità.
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